Secondo la relazione annuale dell’Inps, gli immigrati sono fondamentali per sostenere il peso delle pensioni sull’economia pubblica; secondo diversi altri pareri, invece, la forza lavoro degli immigrati dovrebbe essere sostituita da forza lavoro italiana o comunitaria, in quanto gli extracomunitari, col rimpatrio, acquisirebbero il diritto a una pensione agevolata, liquidata senza la necessità di soddisfare i requisiti previsti per la generalità dei lavoratori. In pratica, il diritto alla pensione degli extracomunitari rimpatriati, non comportando il possesso dei severi requisiti normalmente previsti, vanificherebbe i benefici apportati dal pagamento dei contributi da parte degli stranieri. Secondo altre fonti, gli extracomunitari rimpatriati avrebbero addirittura diritto alla restituzione di tutti i contributi versati, non solo da loro ma anche dalle aziende presso cui hanno prestato servizio. È chiaro che sul tema la confusione regna, e si rischia di cadere nei soliti dibattiti sterili creati da chi si trincera nelle posizioni favorevoli o contrarie all’immigrazione a prescindere, senza una valutazione oggettiva della situazione. Ma chi ha ragione riguardo all’apporto che la manodopera proveniente da altri Paesi offre al nostro sistema previdenziale? È vero che gli stranieri hanno diritto alla pensione senza dover soddisfare i requisiti validi per la generalità dei lavoratori? Facciamo, a questo proposito, il punto sulla pensione immigrati: quando si ottiene, quali requisiti bisogna perfezionare, quali sono le agevolazioni previste per gli stranieri.
A quali pensioni hanno diritto gli immigrati?
I lavoratori stranieri extracomunitari possono ottenere le pensioni previste per la generalità dei lavoratori italiani e comunitari.
Possono dunque aver diritto, ad esempio:
- alla pensione di vecchiaia, con 67 anni di età (per il biennio 2019- 2020) e 20 anni di contributi;
- alla pensione anticipata, con 42 anni e 10 mesi di contributi se uomini, o 41 anni e 10 mesi di contributi, se donne; dal 2019, è necessario attendere una finestra di accesso pari a 3 mesi.
Il diritto alla pensione sussiste anche se il lavoratore ritorna al proprio Paese d’origine, e questo si trova al di fuori dell’Unione Europea: la pensione di vecchiaia e la pensione anticipata, difatti, sono dei trattamenti previdenziali diretti, e non delle prestazioni di assistenza. In pratica, trattandosi di prestazioni ottenute grazie al versamento di contributi, queste pensioni sono esportabili, al contrario, ad esempio, dell’assegno sociale, che è una prestazione non esportabile in quanto trattamento assistenziale.
Gli stranieri extracomunitari possono ottenere anche la pensione d’inabilità e l’assegno ordinario d’invalidità, ad eccezione di chi si trova in n possesso di permesso di soggiorno per motivi stagionali.
Inoltre agli stranieri extracomunitari spettano le pensioni e le prestazioni d’invalidità civile se:
- sono legalmente soggiornanti nel territorio dello Stato;
- sono titolari di permesso di soggiorno per asilo;
- sono titolari di permesso di soggiorno per protezione sussidiaria.
Quali sono i requisiti per la pensione di vecchiaia degli immigrati?
Come abbiamo visto, gli stranieri hanno diritto alla pensione, nella generalità dei casi, alle stesse condizioni previste per i lavoratori italiani, anche se rimpatriati.
Se, però, si tratta di extracomunitari rimpatriati assoggettati al solo calcolo contributivo della pensione, ossia di coloro il cui primo contributo Inps risulta accreditato dal 1996 in poi, possono andare in pensione di vecchiaia a 67 anni anche con meno di 5 anni contributi, e senza rispettare alcun vincolo relativo all’importo minimo dell’assegno di pensione.
Gli italiani soggetti al calcolo esclusivamente contributivo della pensione, invece, possono pensionarsi a 67 anni solo con 20 anni di contributi e un assegno almeno pari a 1,5 volte l’assegno sociale. A 71 anni per gli italiani cade il vincolo legato all’importo dell’assegno, ma ci vogliono comunque almeno 5 anni di contributi.
Quali sono le agevolazioni per la pensione di vecchiaia degli immigrati?
Ecco, a seconda della categoria di appartenenza, quanti anni di contributi sono necessari ai lavoratori stranieri una volta raggiunta l’età pensionabile (67 anni dal 2019), per ottenere la pensione di vecchiaia:
- stranieri comunitari, extracomunitari ed extracomunitari rimpatriati soggetti al calcolo retributivo o misto della prestazione: 20 anni di contributi;
- stranieri comunitari ed extracomunitari soggetti al calcolo integralmente contributivo della prestazione: 20 anni di contributi, assegno superiore a 1,5 volte l’assegno sociale, cioè a 686,99 euro mensili; se non si raggiungono i 20 anni di contributi o l’importo soglia dell’assegno, si ottiene la pensione a 71 anni dal 2019,con un minimo di 5 anni di contributi;
- stranieri extracomunitari rimpatriati soggetti al calcolo integralmente contributivo della prestazione: nessun numero minimo di contributi e nessun limite legato all’importo soglia dell’assegno.
Qui risiede la differenza di trattamento, che comunque non è tra italiani e stranieri, ma tra italiani, comunitari ed extracomunitari residenti in Italia, da una parte, ed extracomunitari rimpatriati, dall’altra.
Gli immigrati possono ottenere la restituzione dei contributi?
Gli stranieri rimpatriati non possono più ottenere la restituzione dei contributi dall’Inps: la legge che ha previsto le agevolazioni per la pensione degli extracomunitari rimpatriati (cioè la legge Bossi-Fini) ha infatti abolito la facoltà riconosciuta agli extracomunitari dalla legge Dini. Ricordiamo che, in base alla legge Dini, chi rimpatriava senza avere raggiunto il diritto a pensione poteva chiedere la restituzione dei contributi pagati, compresa la quota a carico dell’azienda.