In Italia esistono i patti prematrimoniali?

Il matrimonio è un rischio non solo sentimentale ma anche economico. Un divorzio infatti può avere un pesante effetto sul portafogli del coniuge più benestante. E se anche l’amore implica sempre un’alea, c’è chi vorrebbe cautelarsi in anticipo da una eventuale separazione. L’unico modo per farlo, stando almeno a quanto ci mostra l’esperienza anglosassone, è con i patti prematrimoniali: patti cioè rivolti a determinare in anticipo le conseguenze economiche dello scioglimento del matrimonio, dagli alimenti all’assegnazione della casa. Ma in Italia esistono i patti prematrimoniali? Come vedremo a breve, la legge non ammette i contratti tra coniugi se non entro determinati limiti assai risicati. Vediamo più nel dettaglio quali sono.



Cosa sono i patti prematrimoniali?

Il patto prematrimoniale è un banale contratto con cui marito e moglie si accordano in anticipo sulle conseguenze – economiche e non – di una eventuale separazione e successivo divorzio. 




Così, con il patto prematrimoniale si va a stabilire ad esempio l’ammontare del risarcimento dovuto al coniuge tradito, gli alimenti da versare a quello meno benestante, l’assegnazione della casa coniugale, l’affidamento dei figli e così via. 

Come dicevamo in apertura, i patti prematrimoniali sono riconosciuti in alcuni ordinamenti come gli Stati Uniti.

In Italia sono validi i contratti prematrimoniali?

In linea generale, nel nostro ordinamento, tutti i cittadini sono liberi di regolare i propri interessi economici con contratti anche diversi da quelli “tipici”, ossia disciplinati dal codice civile. La fantasia è l’unico limite. Anzi non è il solo: il contratto non può comunque violare le regole del buon costume (ragion per cui è nullo il contratto con la escort), l’ordine pubblico (non si può concludere un contratto per la vendita di droga), le norme imperative e inderogabili (sarebbe illegittimo un affitto che preveda una durata di soli due anni).




Senonché il matrimonio non è un contratto: è un atto personale che non può pertanto essere regolamentato o personalizzato da parte dei nubendi. Questi non possono cioè né modificare il contenuto degli obblighi conseguenti al matrimonio stabiliti dal codice civile (obbligo di fedeltà, convivenza, reciproca assistenza morale e materiale, contribuzione ai bisogni della famiglia), né stabilire le conseguenze di un eventuale divorzio. 

Quindi è esclusa la validità di un contratto con cui moglie e marito definiscano in anticipo a chi va la casa se i due si dovessero separare; è nullo altresì il patto con cui si fissa l’ammontare dell’assegno di mantenimento e dell’assegno divorzile; è altresì priva di valore la previsione di un risarcimento ad un coniuge in caso di tradimento dell’altro o di abbandono del tetto coniugale.

Del resto un accordo di natura patrimoniale che regola gli effetti economici dello scioglimento della coppia, stipulato prima del matrimonio, trasformerebbe quest’ultimo in una sorta di “affare” tra coniugi, snaturando il matrimonio del suo significato prettamente affettivo.




In sintesi, in Italia i patti prematrimoniali non sono ammessi e, se conclusi, sono nulli, non hanno cioè alcun valore. Con la conseguenza che, chi si è impegnato, potrà anche non rispettare l’impegno preso senza che l’altro possa trascinarlo in tribunale. Ma sono previste alcune deroghe.

Quando sono ammessi i patti prematrimoniali o matrimoniali

Spesso succede che, nel corso del matrimonio o prima di questo, un coniuge partecipi alle spese che l’altro deve sostenere, ad esempio per la costruzione o la ristrutturazione della casa. Si tratta di importi che, in caso di separazione, possono essere restituiti se ciò viene appositamente previsto in un contratto. Si pensi al caso del marito che faccia edificare, sul terreno della moglie, un immobile. In tale ipotesi, la legge stabilisce che la nuova abitazione spetti di diritto al proprietario del terreno. Ma ben potrebbero le parti accordarsi stabilendo per iscritto che, in caso di divorzio, l’uomo debba avere un rimborso parziale dei costi sostenuti.

In un’altra occasione, la Cassazione ha ritenuto legittima la clausola con la quale i coniugi avevano previsto l’obbligo della restituzione di un mutuo, tra loro intercorso, se fosse intervenuta una separazione personale. 

Ed è stata sempre la stessa Corte a sdoganare il contratto stipulato tra due futuri sposi con cui si prevedeva, in caso di divorzio, l’obbligo di un coniuge di cedere all’altro un immobile di sua proprietà come corrispettivo delle spese sostenute dall’altro per la ristrutturazione della casa coniugale.




Cosa rende questi accordi validi a dispetto degli altri patti prematrimoniali? Il fatto che si tratterebbe di accordi ove il fallimento del matrimonio viene posto come condizione al verificarsi della quale scatta il regolamento di interessi regolato nella scrittura privata. La separazione, in pratica, è solo una condizione (cosiddetta “condizione sospensiva”) inserita in un normalissimo e comune contratto di natura patrimoniale. 

Come si fa un contratto prematrimoniale?

Una volta stabilito cosa i coniugi possono inserire in un contratto prematrimoniale, occupiamoci della forma che questo deve avere. È sufficiente una normale scrittura privata, ossia un documento redatto e firmato dalle parti senza la necessità del notaio.

Cosa dice la giurisprudenza dei patti prematrimoniali?

Secondo la giurisprudenza maggioritaria i patti prematrimoniali, nonché gli accordi stipulati prima o in sede di separazione consensuale e in vista del futuro divorzio sono nulli per:

  • illiceità della causa e indisponibilità dei beni coinvolti: gli sposi non possono derogare né ai diritti né ai doveri previsti dalla legge per effetto del matrimonio;
  • timore che il coniuge più debole rinunci al divorzio o accetti condizioni inique senza la tutela di un giudice o di un legale in caso di negoziazione assistita. La libertà di divorziare non equivale a negoziare o mortificare i doveri di solidarietà tra i coniugi, anche nel caso in cui garantiscano al coniuge più debole il necessario per vivere.

Come però dicevamo sopra, una parte della giurisprudenza ha però ammesso la parziale validità di tali patti a condizione che:

  • prevedano una maggior tutela contenendo norme più garantiste rispetto all’omologa di separazione o all’ordinanza presidenziale e non superino i limiti di derogabilità previsti dalla legge;
  • non riguardino diritti indisponibili (come l’assegno di divorzio) e non si sia in presenza di un coniuge economicamente debole;
  • integrino in modo migliorativo solo i risvolti patrimoniali rispetto agli accordi contenuti nell’omologa;
  • siano stati assunti da coniugi italiani residenti all’estero che abbiano scelto di applicare la normativa straniera che prevede la liceità degli accordi prematrimoniali se tali patti sono conformi all’ordine pubblico.