La Corte Costituzionale, con la Sentenza n. 162 del 30 giugno 2022, ha dichiarato che la pensione di reversibilità non può essere decurtata, in caso di cumulo con ulteriori redditi del beneficiario, di un importo che superi l’ammontare complessivo dei redditi aggiuntivi.
La Corte ha rilevato l’irragionevolezza di una simile situazione che si pone in contrasto con la finalità solidaristica sottesa all’istituto della reversibilità, volta a valorizzare il legame familiare che univa, in vita, il titolare della pensione con chi, alla sua morte, ha beneficiato del trattamento di reversibilità. Quel legame familiare, anziché favorire il superstite, finisce paradossalmente per nuocergli, privandolo di una somma che travalica i propri redditi personali.
Infatti, tale situazione è, ad avviso della Corte Costituzionale, in aperta violazione dei principi che regolano la materia, in quanto, così facendo, verrebbe a determinarsi una sorta di espropriazione della pensione di reversibilità.
La Corte ha rilevato l’irragionevolezza di una simile situazione che si pone in contrasto con la finalità solidaristica della pensione di reversibilità, volta a valorizzare il legame familiare che univa, in vita, il titolare della pensione con chi, alla sua morte, ha beneficiato del trattamento di reversibilità.
Quel legame, anziché favorire il superstite, finisce paradossalmente per nuocergli, privandolo di una somma che va oltre i propri redditi personali.
Pertanto, nel ribadire che il cumulo tra pensione e reddito deve sottostare a determinati limiti (dovendosi bilanciare i diversi valori coinvolti), la Corte ha precisato che, in presenza di altri redditi, la pensione di reversibilità può essere decurtata solo fino a concorrenza dei redditi stessi.