Per evitare di andare incontro a situazioni pericolose e prevenire gli infortuni sul lavoro, sono state dettate alcune norme al fine di tutelare la salute del lavoratore. Talvolta, l’imprudenza, la negligenza, la disattenzione e l’imperizia del lavoratore possono dar luogo ad incidenti sul posto di lavoro. Il datore di lavoro è responsabile dell’infortunio qualora non effettui i dovuti controlli sull’operato del lavoratore e qualora non favorisca l’adozione delle misure di sicurezza idonee a salvaguardare la sua salute. Solo nel caso in cui il lavoratore abbia messo in atto una condotta abnorme e inopinabile sarà totalmente esclusa la responsabilità del datore di lavoro.
Comportamento abnorme del lavoratore: esclusa la responsabilità del datore
Le norme dettate in tema di prevenzione degli infortuni sul lavoro, tese ad impedire l’insorgenza di situazioni pericolose, sono dirette a tutelare il lavoratore non solo dagli incidenti derivanti dalla sua disattenzione, ma anche da quelli ascrivibili ad imperizia, negligenza ed imprudenza dello stesso. Ne consegue che il datore di lavoro è sempre responsabile dell’infortunio occorso al lavoratore, sia quando ometta di adottare le idonee misure protettive, sia quando non accerti e vigili che di queste misure venga fatto effettivamente uso da parte del dipendente, non potendo, invece, attribuirsi alcun effetto esimente per l’imprenditore che abbia provocato un infortunio sul lavoro per violazione delle relative prescrizioni all’eventuale concorso di colpa del lavoratore.
Infatti, la condotta del dipendente può comportare l’esonero totale del datore di lavoro da responsabilità solo quando essa presenti i caratteri dell’abnormità, inopinabilità e esorbitanza rispetto al procedimento lavorativo ed alle direttive ricevute, come pure dell’atipicità ed eccezionalità, così da porsi come causa esclusiva dell’evento.
Tribunale Ivrea, 01/02/2019, n.409
Riparto dell’onere probatorio tra datore di lavoro e lavoratore danneggiato
La responsabilità del datore di lavoro ex art. 2087 c.c. è di carattere contrattuale, atteso che il contenuto del contratto individuale di lavoro risulta integrato per legge, ai sensi dell’art. 1374 c.c., dalla disposizione che impone l’obbligo di sicurezza e lo inserisce nel sinallagma contrattuale; ne consegue che il riparto degli oneri probatori nella domanda di danno da infortunio sul lavoro si pone negli stessi termini dell’art. 1218 c.c. circa l’inadempimento delle obbligazioni ex contractu e che il lavoratore il quale agisca per il riconoscimento del danno differenziale da infortunio sul lavoro deve allegare e provare l’esistenza dell’obbligazione lavorativa, l’esistenza del danno ed il nesso causale tra quest’ultimo e la prestazione, mentre il datore di lavoro deve provare la dipendenza del danno da causa a lui non imputabile e, cioè, di aver adempiuto interamente all’obbligo di sicurezza, apprestando tutte le misure per evitare il danno.
Corte appello Brescia sez. lav., 24/01/2019, n.298
Responsabilità datoriale: ha natura contrattuale
In tema di risarcimento danni daviolazione delle norme sulla sicurezza suiluoghi di lavoro, la responsabilità datoriale va prospettata come di natura contrattuale perché la lesione della salutesi configura come conseguenza di un comportamento già ritenuto illecito sul piano contrattuale e deriva dalla violazione dell’obbligo di cui all’art. 2087 c.c.
Giacché l’illecito deriva dalla violazione di un obbligo contrattuale, il datore di lavoro versa in una situazione di inadempimento contrattuale regolato dall’art 1218 c.c. con conseguente esonero da parte del lavoratore, dell’onere della prova sulla sua imputabilità che va regolata in connessione con l’art. 1223 c.c. Ciò che il lavoratore deve provare è il fatto materiale, il danno patito e il nesso di causalità tra il danno e fatto verificatosi nel corso del rapporto di lavoro, spettando invece al datore di lavoro di provare di aver adottato tutti gli accorgimenti possibili per evitare il danno.
Tribunale Bari sez. lav., 03/12/2018, n.4363
Richiesta di rimborso di quanto corrisposto al lavoratore
In base all’art. 295 c.p.c., il giudizio instaurato dall’Inail nei confronti del datore di lavoro, ex art. 11 d.P.R. n. 1124 del 1965, per ottenere il rimborso di quanto corrisposto al lavoratore per effetto di un infortunio sul lavoro non è soggetto a sospensione necessaria in attesa dell’esito del procedimento penale a carico del datore di lavoro per i medesimi fatti, giacché, in applicazione dell’art. 654 c.p.p., l’efficacia della emananda sentenza penale di condanna o di assoluzione non potrà fare stato nei confronti dell’Inail, che non è parte nel giudizio penale e che non era legittimato a costituirsi, trattandosi non della proposizione di un’azione civile per le restituzioni e il risarcimento del danno da reato, ma dell’azione di regresso, diversa da quelle considerate dall’art. 74 c.p.p.
Cassazione civile sez. lav., 25/10/2018, n.27102
Violazione degli obblighi di informazione e formazione del dipendente
La responsabilità datoriale per l’infortuniooccorso al dipendente può fondarsi sulla violazione degli obblighi di informazione eformazione del lavoratore quanto ai pericoli connessi allo svolgimento della specifica operazione lavorativa ed alle misure di sicurezza per prevenirli. La condotta del dipendente, non abnorme, benché imprudente, non può considerarsi concausa dell’evento dannoso quante volte, la stessa imprudenza, sia riconducibile all’inadempimento del datore di lavoro e questi non dimostri di aver fornito al lavoratore tutte le necessarie istruzioni per evitare di commettere l’errore che fu causa dell’infortunio.
Cassazione civile sez. lav., 10/10/2018, n.25102
Onere della prova: danno alla salute e nocività dell’ambiente di lavoro
L’art. 2087 c.c. non configura un’ipotesi di responsabilità oggettiva, in quanto la responsabilità del datore di lavoro – di natura contrattuale – va collegata alla violazione degli obblighi di comportamento imposti da norme di legge o suggeriti dalle conoscenze sperimentali o tecniche del momento; ne consegue che incombe al lavoratore che lamenti di avere subito, a causa dell’attività lavorativa svolta, un danno alla salute, l’onere di provare, oltre all’esistenza di tale danno, la nocività dell’ambiente di lavoro, nonché il nesso tra l’una e l’altra, e solo se il lavoratore abbia fornito tale prova sussiste per il datore di lavoro l’onere di provare di avere adottato tutte le cautele necessarie ad impedire il verificarsi del danno e che la malattia del dipendente non è ricollegabile alla inosservanza di tali obblighi.
(Nella specie, la S.C. ha confermato la sentenza di merito che aveva rigettato la pretesa risarcitoria della lavoratrice – caduta in ufficio scivolando su di una carpetta di plastica trasparente portadocumenti – sul presupposto che non era stata provata la nocività dell’ambiente di lavoro, non emergendo quale misura organizzativa fosse adottabile per evitare l’infortunio).
Cassazione civile sez. lav., 08/10/2018, n.24742
Infortunio sul lavoro: quando è esclusa la responsabilità del datore?
Il datore di lavoro che, dopo avere effettuato una valutazione preventiva del rischio connesso allo svolgimento di una determinata attività, ha fornito al lavoratore i relativi dispositivi di sicurezza e ha adempiuto a tutte le obbligazioni proprie della sua posizione di garanzia, non risponde delle lesioni personali derivate da una condotta esorbitante e imprevedibilmente colposa del lavoratore.
Ne consegue che il datore di lavoro, quale destinatario delle norme antinfortunistiche, è esonerato da responsabilità solo quando il comportamento del dipendente sia qualificabile come “abnorme”. Ciò si verifica in caso di condotta imprudente posta in essere dal lavoratore del tutto autonomamente e in un ambito estraneo alle mansioni affidategli e, pertanto, al di fuori di ogni prevedibilità per il datore di lavoro medesimo; oppure quando la condotta, pur rientrando nelle mansioni che gli sono proprie, si sia sostanziata in qualcosa di radicalmente, ontologicamente, lontano dalle ipotizzabili e, quindi, prevedibili imprudenti scelte del lavoratore nell’esecuzione del lavoro.
Ciò non è accaduto nella fattispecie, dove il legale rappresentante di una società di costruzioni e il direttore dei lavori sono stati condannati per le lesioni occorse ad alcuni lavoratori a causa del crollo del solaio, non adeguatamente puntellato, senza che le condotte dei dipendenti abbiano assunto alcun rilievo abnorme.
Tribunale Nola, 18/07/2018, n.1033
Infortunio mortale del lavoratore
Il datore di lavoro, ai sensi dell’art. 2087 c.c., è tenuto a prevenire anche lecondizioni di rischio insite nella possibile negligenza, imprudenza o imperizia del lavoratore, dimostrando di aver messo in atto a tal fine ogni mezzo preventivo idoneo, con l’unico limite del cd. rischio elettivo, da intendere come condotta personalissima del dipendente, intrapresa volontariamente e per motivazioni personali, al di fuori delle attività lavorative ed in modo da interrompere il nesso eziologico tra prestazione e attività assicurata.
(Nella specie, la S.C. ha cassato con rinvio la decisione di merito, che aveva escluso la responsabilità del datore in un caso di infortunio mortale occorso ad un lavoratore, investito dal treno mentre operava un controllo degli scambi ferroviari sul rilievo che l’intervento era stato effettuato in anticipo rispetto all’orario prefissato).
Cassazione civile sez. lav., 18/06/2018, n.16026
Negligenza del lavoratore: il datore è responsabile dell’infortunio?
A norma dell’art. 2087 c.c., il datore di lavoro è sempre responsabile dell’infortunio occorso al lavoratore, anche qualora esso sia ascrivibile non solo ad una disattenzione, ma anche a sua imperizia, negligenza e imprudenza. È invece esonerato da ogni responsabilità solo nel caso in cui il comportamento del lavoratore assuma caratteri di abnormità, inopinabilità e esorbitanza, necessariamente riferiti al procedimento lavorativo tipico e alle direttive ricevute, in modo da porsi quale causa esclusiva dell’evento.
Cassazione civile sez. lav., 18/06/2018, n.16047
Imprudenza del lavoratore e omessa adozione delle misure antinfortunistiche
Al fine di configurare la responsabilità del datore di lavoro, a fronte di infortuni verificatisi sul luogo del lavoro, non occorre la violazione di specifiche norme dettate per la prevenzione degli infortuni, essendo sufficiente che l’evento dannoso si sia verificato a causa dell’omessa adozione di quelle misure e accorgimenti imposti all’imprenditore dall’articolo 2087 del Cc, ai fini della più efficace tutela dell’integrità fisica del lavoratore. Inoltre, il nesso causale tra la condotta colposa del datore di lavoro per l’omessa predisposizione delle prescrizioni antinfortunistiche e l’evento non è interrotto dal comportamento imprudente del lavoratore, giacché le norme antinfortunistiche sono dettate al fine di ottenere la sicurezzadelle condizioni di lavoro, anche quando gli stessi lavoratori per imprudenza, disattenzione, assuefazione al pericolo possono provocare l’evento.
Ciò posto, nella fattispecie, il tribunale ha riconosciuto la responsabilità del datore di lavoro per l’incidente occorso a un operaio che, nel corso del sollevamento di un tamburo in alluminio, a seguito di uno sbilanciamento dello stesso, subiva un trauma cranico.
Tribunale Pescara, 04/04/2018, n.1022